Chiesa di Sant'Antonio Abate

Via Sant'Antonio, 5. (Apri Mappa)
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Descrizione

Imbattersi nei tesori della città, talvolta gelosamente custoditi e un po’ defilati, rappresenta un privilegio.
In una via parallela a via Festa del Perdono, vicino all’Università Statale di Milano, sorge la chiesa di Sant’Antonio Abate. Alla vista si presenta la sobria fronte in stile neoclassico, opera dell’architetto Giacomo Tazzini, scandita da paraste ioniche che incorniciano quattro nicchie con statue e, al centro, l’elegante portale architravato.
Lo stato attuale della Chiesa è opera del Richini, che nel ‘600 intervenne sulla struttura.
L’edificio fu costruito nel 1582 dai padri Teatini sull’area di una precedente chiesa quattrocentesca, appartenuta ai frati Antoniani. La nuova chiesa conservò dell’antica solo il pregevole campanile in cotto, ancora oggi visibile e considerato un capolavoro dell’arte lombarda delle terracotte.
L’interno della chiesa è a una sola navata, ricoperta da volta e botte e ricca di stucchi, marmi e dorature.
Tra gli affreschi degni di attenzione sono le composizioni dei Carloni, di Giovanni, detto il Genovese, e il fratello Giovan Battista. Tra i dipinti delle pareti, non passano inosservati “Il Piccolo Ciclo della Vergine” di Giulio Cesare Procaccini (1574-1625), la “Natività” e “L’Adorazione dei Magi”, di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1573-1626) e inoltre gli affreschi di Guglielmo Caccia, detto “Il Moncalvo” (1568-1625), raffiguranti scene dell’Antico Testamento.
Dietro l’altare Maggiore un elegante coro ligneo disegnato dal Richini.
La prima costruzione della chiesa, secondo le testimonianze, risale al XIII secolo. Essa sorge su un tempio risalente al IV sec che ha dato in epoche successive il nome alla contrada.
Il complesso venne edificato dopo il 1272 dai frati Antoniani che si dedicavano alla cura degli ammalati di fuoco sacro. In seguito Francesco Sforza decise di riunire tutti gli ospedali nella Cà Granda' (l'Ospedale Maggiore, progettato dal Filerete) ed il convento perse la sua funzione. Fu consegnato come commenda alla potente famiglia dei Trivulzio, che la conservò dal 1452 sino alla seconda metà del 1500.